Ho provato di nuovo a cimentarmi con la tecnica compositiva appresa durante il corso di Irene Roderick.
Su di me, questo metodo ha chiaramente l’effetto di attivare delle visioni.
Ho cominciato a raccogliere pezze di stoffa cucite per i lavori precedenti. Le ho affiancate a spirale, come in un motivo Liberty.
Appena ho aggiunto un po’ di colore alle curve, mi è sembrato che le figure si animassero in personaggi: vedevo una coppia di persone che si guardavano a vicenda, pronte ad iniziare un ballo. O forse no? Forse stava comparendo la sagoma di un corpo femminile, stampato in blu sulla tela, come nelle performance del pittore Ives Klein?
Ero quasi pronta ad intitolare il lavoro “un tango con Klein”, ma poi ho ruotato un po’ i pezzi... e subito è apparso un altro scenario: un mare popolato da nuotatori, che si confondevano tra le onde dorate del tramonto.
Il lavoro finale è risultato ancora una volta diverso. Ma a questo punto mi sono domandata: che fine hanno fatto le visioni sperimentate durante il percorso? Sono rimaste infilate tra i tessuti del quilt, come in una storia multi-strato, o hanno intrapreso strade tutte loro, indipendenti, nel mondo delle idee?
Mi piace salvare, in bustine divise per colore, tutti i più piccoli ritagli di stoffa. Se misurano un po’ più di un centimetro, vengono conservati come piccoli tesori.
Con questo materiale ho realizzato in passato delle pezze mosaicate, di cui ho parlato nel primo video dedicato all’improv.
Di recente ho fatto ordine fra i miei ritagli, e mi sono accorta che il blocco viola e quello giallo avevano dei colori in comune. Dunque, perchè non unirli?
È stata una occasione per sperimentare con la quiltatura: ho usato linee parallele, a distanze diverse, variando la posizione dell’ago.
Quando ero a buon punto con il lavoro, ho cambiato idea... non più un quilt rettangolare orientato orizzontale. Un nuovo taglio, e via! Ho cambiato forma, da rettangolare a quadrata, aggiungendo un po’ di rotazione. Come quando ho in mano la macchina fotografica e gioco con inquadratura e zoom.
Non è male dedicarsi ai mini quilt: si completano in poco tempo! Questo l’ho intitolato: “Transizione”, dedicato al passaggio graduale dal blocco viola a quello giallo che si sono fusi l’un con l’altro.
Oggi vi racconto di una iniziativa speciale: un progetto benefico promosso da Patchworkvictim, dedicato alle donne, che punta alla realizzazione di uno splendido quilt a due piazze.
Il seme di questa idea è stato piantato molto tempo fa, ed ora è tutto pronto per la partenza: non a caso, è stato scelto come inizio il 25 novembre 2020, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, e come arrivo l’8 marzo 2021, Giornata internazionale della donna. L’intervallo di tempo che collega queste due date verrà utilizzato per una maratona di cucito: sin dalla mia passata esperienza come componente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Trieste, so bene che non basta limitarsi alla celebrazione di singole giornate, ma le buone pratiche vanno coltivate sul lungo periodo, ed insieme agli altri. Dunque, la meta di questo percorso di cucito è una azione concreta: devolvere l’intero ricavato dell’iniziativa all'associazione G.O.A.P., Centro Antiviolenza di Trieste, un gruppo di lavoro efficace sia nella promozione del cambiamento culturale, che nell’aiuto immediato.
Quindi, ci siamo! Per questo progetto sono necessari 132 quadrati di stoffa da 25 centimetri di lato. All’interno di ciascun quadrato, l’idea è quella di cucire usando la tecnica del modern patchwork di tipo improv: non a caso ne abbiamo parlato per diversi mesi anche in diretta zoom, provando a incuriosirvi su questa tecnica meravigliosa. Da parte mia, sarò presente insieme a Francesca di Patchworkvictim anche nella fase finale di unione di tutte le pezze: già mi preparo mentalmente alla volata finale!
Molte cose si son dette e si possono ancora dire sull’improv, ma se c’è una parola sola da utilizzare in questa occasione, è: composizione. Già: quanto spazio c’è dentro un quadrato di 25 centimetri di lato, per potersi avventurare nei giochi compositivi? La proposta di un percorso condiviso durante questa avventura, è quella di usare un improv minimalista: quando disponiamo pochi, magari piccoli, elementi su uno sfondo a tinta unita, l’esercizio grafico si fa più facile... o più impegnativo? Bella domanda: direi di rispondere provandoci direttamente, magari proprio con figure astratte. Una bella occasione per “lasciare il proprio segno”, e unirlo a quello di molte altre persone!
Le regole da rispettare sono semplici: scegliere tessuti solidi per lo sfondo del riquadro, e usare dei colori comuni tra tutti noi: il bianco e l’azzurro (o il celeste, o il turchese...). Dato che la destinazione del viaggio ci porterà verso la primavera dell’anno prossimo, perchè non toccare con le proprie dita, fin dall’inizio, i colori di un cielo primaverile?
Per partecipare bisogna segnalare la propria disponibilità, scrivendo a info@patchworkvictim.it ; sul blog di Patchworkvictim si trovano tutti i dettagli dell’iniziativa: troverete notizie sui partner, sulla scadenza per l’invio dei materiali cuciti, e l’indirizzo a cui spedire o portare il vostro lavoro. Io non ho resistito e ho già iniziato a cucire i primi quadrati improv... spero che presto vi unirete anche voi!
Finalmente ho completato il mio secondo quilt realizzato con la tecnica “Wall dance”, appresa durante il corso con l’insegnante di modern patchwork Irene Roderick.
Ho provato ad abbinare il metodo compositivo appreso, che prevede di poter rimescolare le pezze sulla parete fino all’ultimo, con la mia consueta abitudine di accrescere le mosaicature in modo progressivo e lineare.
Ero già a buon punto con questo lavoro, quando mi sono avventurata nella preparazione della mostra"Tagliamento, il re dei fiumi", e in quel momento mi ero anche azzardata a pensare che se mi davo una mossa, potevo includere questo quilt nella esposizione. Macchè: l’ho finito due mesi dopo!
E così lo sviluppo del lavoro prendeva parte ad altri momenti: come quello in cui ho parlato in diretta zoom, con Patchworkvictim , dell’improv di tipo assolutamente astratto (tipo i mosaici di piastrelle sotto l'acqua di una piscina), e, come esempio da mostrare, me ne stavo lì a cucire in diretta proprio alcune pezze gialle e verdi che poi sono entrate a far parte di questo quilt.
Fin dall’inizio ho pensato che il titolo di questo lavoro sarebbe stato “La mappa della cavalletta”. Vedevo campi di grano e fieno su cui saltellare secondo un ititnerario un po’ casuale e un po’ voluto, seguendo le frecce forse sì... e forse no.
Ieri ho appeso in soggiorno il pannello finito, e mio figlio ha ben notato come le stoffe fossero sparse un po’ qua e un po’ là in giro per il lavoro. Tant’è che ha proposto, per il mio prossimo quilt, la seguente tecnica compositiva: “Prendi i tuoi ritagli di stoffa, li lasci cadere a terra, e così come son venuti, li fissi e li cuci per farne un quadro”. Perchè no?
Come vorrei avere un vocabolario tutto dedicato ai nomi per il patchwork. Una parola per ogni tipo di texture, per ogni composizione a tasselli grandi e piccoli. Quando guardo i materiali al microscopio, c'è tutta una terminologia tecnica, ci sono atlanti e tabelle, che per ogni forma danno un nome. Ecco, facciamo così, prendiamo in prestito le parole usate dalla scienza. Ad esempio, "isotropo": è il nome giusto per un bel mosaico di pezze cucite sparse, che sembrano simili un po' in tutte le direzioni. Insomma, non mi direte che sono state davvero messe a caso, vero?
Eh, era questa la scusa, mi avete scoperta! Una bella occasione per dire che l'improv non si fa in modo casuale! Proprio di questo parlerò nella prossima diretta zoom del giovedì 24 settembre alle ore 1730 , in una nuova puntata degli incontri organizzati da Patchworkvictim sul tema dell'improv. Per partecipare, basta chiedere di essere iscritti alla mailing list di Patchworkvictim , e riceverete il link di accesso alla discussione su piattaforma ZOOM, che sarà come sempre interattiva. Vi aspettiamo!
Le puntate precedenti sono raccolte al seguente link.
Ho atteso per due mesi l’arrivo del corso “Quick Steps” tenuto da Irene Roderick su piattaforma virtuale. Ero così impaziente che gli ultimi giorni facevo il conto alla rovescia.
Ora che l’ho frequentato posso dire che ne valeva la pena.
Ho provato il suo metodo, che lei chiama “walldance”, danzare con la composizione. Ho dovuto abbandonare alcune abitudini, come quella di cucire sempre le stesse forme e tassellature; o quella di fissare i blocchi man mano che vengono creati. Togliere questi vincoli ha aperto una marea di possibilità, fin quasi a rischiare che il percorso scappi di mano...
Questo approccio impone un continuo esercizio grafico: ogni cambio della bozza di composizione porta una sorpresa, ogni visione evoca nuovi soggetti...
Fin dal mio primo esercizio, le poche pezze che stavo unendo hanno assunto molteplici forme: ci ho visto le onde del mare, le gondole a Venezia, le grafiche dei poster che promuovono i festival estivi, una pistola col grilletto (aiuto... questa ho dovuto smontarla subito!), un cavallo che fissava un cane, uno stemma di famiglia medievale, un collage di cartone, una decorazione in stile Liberty...
Mi è capitato di incagliarmi, di tirar giù tutto quello che avevo costruito e ricominciare da zero. Ad ogni variante dovevo risolvere problemi grafici, ribilanciare tutto il lavoro, e a momenti il cervello andava in ebollizione...
Insomma, un esercizio che non dimenticherò. E che mi farà vedere i metodi adottati in precedenza sotto una nuova luce.
Lo scorso autunno ho scoperto i lavori straordinari di Leslie J. Riley. Le sue texture sono ricche di motivi secondari, di ondulazioni di colore: composizioni incredibili! Ho deciso quindi di cominciare un esercizio sulle tassellature. Righe e colonne? Rosette? Colori simili? Colori contrastati? Mi son preparata delle prime pezze costruite in modo sistematico, per tenerle a mano come mezzo di confronto.
Lo scorso inverno mi sono iscritta alla Associazione di Patchwork locale “Biechi Mati”, attenta non solo al patchwork tradizionale, ma a tutte le tecniche più varie da sperimentare. Come da loro invito, abbiamo condiviso un pomeriggio presso la loro sede, in cui loro hanno tirato fuori le varie macchine da cucire disponibili, io ho descritto le mie pezze con i vari esercizi di texture, e abbiamo cucito insieme composizioni improv per tutti il pomeriggio.
La scorsa primavera, Francesca ha messo a disposizione la piattaforma Zoom, in modo da poter ripetere l’esercizio sulle tassellature improv in forma virtuale ed interattiva per le iscritte alla newsletter di Patchworkvictim. Nel primo appuntamento di quella che è diventata una serie di incontri, ho cucito ulteriori elementi a forma di righe e colonne: lo si può vedere al primo video di questa pagina (e sul canale you tube di Patchworkvictim).
Questa estate ho ripreso in mano la composizione a righe e colonne improv, e mi sono detta che era il momento di svilupparla in ampiezza. Ora che il lavoro è completato, mi sembra di veder cuciti, tra una riga e l’altra, anche i contributi di tutte le persone che erano presenti durante la realizzazione di questo quilt!
Ho iniziato questo lavoro in occasione di un corso di patchwork tenuto da DariaBlandina e Roberta Sperandio, le cui attività possono essere seguite sulla pagina D+R Patch Fun.
Anche se ha uno stile prevalentemente modern, non ho pianificato nessuno schema: la posizione di ogni pezza è stata scelta in modo improvvisato, cucitura dopo cucitura, e alcuni ritagli di lavori precedenti son riusciti ad intrufolarsi nelle figure più piccole.
Le combinazioni offerte dai triangoli equilateri mi hanno stupita: dopo le prime striscie, sono apparsi degli esagoni inattesi; dopo le striscie successive, si son fatti vivi dei triangoli più grandi e mosaicati. Più guardavo il lavoro che si sviluppava, più scoprivo nuove forme. Se contavo il numero dei triangoli apparenti, notavo che si moltiplicavano: c'erano quelli con i bordi ben definiti, quelli con i bordi parziali e a scomparsa... mi ero immersa in un gioco matematico di caccia al tesoro!
Prima di iniziare, mentre sceglievo i blu e i verdi, avevo in mente un paesaggio di montagna con la sua distesa di abeti. Quando una amica ci ha fatto visita, ha visto il top appeso in studio e ha proposto l'immagine di un lago con i boschi riflessi sulla sua superficie. Nei giorni successivi, un'altra amica ha commentato la foto di questo lavoro con la suggestione di acque cristalline. Adoro queste proposte: ammettono che molte interpretazioni sono permesse.
Il segno più marcato però è stato impresso dalle parole di Davide: da quando mi ha detto che il quilt gli fa pensare alla Barcolana, ora anche io non posso più smettere di vederla! La Barcolana è l'evento più importante che si svolge da oltre cinquant'anni nella nostra città: una regata che riempie il golfo con la vista di migliaia di vele. Chi vive a Trieste ne conosce bene le inconfondibili immagini: quanti di noi sono saliti sull'altopiano per goderne meglio il panorama? Per sentirsi più vicini all'elicottero che ronza per la diretta tv, offrendo viste aeree che puntano alla barca in fuga verso la vittoria oltre il faro? Le raffigurazioni dell'evento si moltiplicano nelle mostre fotografiche, nei poster fissati ai pali delle vie del centro, nei simboli grafici tipicamente triangolari, e nei loghi su gadget e magliette che indossiamo tutto l'anno. Ogni luogo ha le sue immagini simboliche, per cui mi rendo conto che se intitolo il mio quilt "Barcolana", potrà capitarmi di doverlo spiegare a chi non è di Trieste. Occhi diversi vedono cose diverse su uno stesso pannello, a seconda della loro esperienza visiva pregressa.
Devo ammettere che in passato non mi sentivo molto a mio agio con i triangoli: forse non mi venivano in mente idee su come attaccarci le figure adiacenti. Eppure, durante questa composizione, i triangoli mi hanno parlato entrambe le lingue: quella dei segni astratti, quella dei soggetti figurativi; e le possibilità si sono stratificate, un pezzo di stoffa dopo l'altro. Quindi, posso ben dire che la prossima volta, quale che sia la figura con cui cimentarsi, potrò lasciare a lei la libertà di provare ad esprimersi a modo suo!
Ho appena completato il top iniziato durante il corso on-line tenuto da Sherri Lynn Wood intitolato improv wedge curves. Ho lavorato in modo improv, senza preparare disegni o prendere misure.
Mi ha fatto riflettere sulla distinzione tra la linea grafica (quella che sarà seguita dallo sguardo) e la linea cucita (che può coincidere o meno con la precedente).
Domani parlerò di composizioni grafiche grandi e piccole, in diretta zoom alle 17.30. Per ricevere il link con cui partecipare all’incontro, contattate Patchworkvictim.
Sto leggendo un saggio di Riccardo Falcinelli, Critica portatile al visual design. E' il secondo, suo, che prendo, e vorrei già averne un altro: lo adoro. Nel capitolo sugli "schermi", parla dell'uso del corpo nel fare design: "scarabocchiare, dipingere, incollare, scattare fotografie, sono gesti da recuperare, per non limitarsi solo ai movimenti ripetuti davanti a uno schermo, quelli che spostano pixel di pochi centimetri, e che rischiano di realizzare una grafica che si assomiglia un po' tutta".
Devo in effetti dire che, cucendo, è un piacere alzarsi dalla postazione alla macchina, stirare, guardare il risultato magari da lontano per farsi un'idea d'insieme, per poi tornare al piano di taglio, e decidere come proseguire. E' vero: la fisicità del lavoro necessario a realizzare un patchwork, ha una grande influenza sul risultato.
Come tagliare le pezze di stoffa? Quando? Prima o dopo aver cucito? (Dopo? Beh? Che c'è di strano nel… prima cucire, e POI tagliare?).
Domani ne parlerò: in diretta zoom, alle 17.30. Il bello di questa piattaforma è che permette situazioni interattive. Come tagliate le pezze, voi, che cucite laggiù? Vi aspetto, sono curiosa di sentirlo!
Per partecipare, chiedete di essere iscritti alla newsletter di Patchworkvictim , e riceverete il link.